di Michele Prandi
Testo integrale
Quando leggiamo le metafore dei poeti, possiamo pensare che siano semplici abbellimenti dell’espressione, qualcosa di cui potremmo fare a meno: perché chiamare lacrime le gocce di pioggia quando possiamo semplicemente chiamarle gocce? In realtà, la metafora non è quasi mai un semplice abbellimento, o un sostituto di qualcosa di più diretto, ma è una strategia su cui fa affidamento il nostro pensiero spontaneo. Tutte le metafore, da quelle poetiche a quelle del pensiero quotidiano, prendono un concetto che appartiene a un certo ambito – la fonte – e lo spostano in un ambito diverso – la meta. Ogni volta che usiamo una metafora, ci serviamo di un oggetto o di un processo estranei per vedere sotto una nuova luce un oggetto o un processo della nostra esperienza. Se scriviamo una storia d’amore come se fosse una guerra, per esempio, è probabile che mettiamo in luce aspetti dell’amore che sfuggirebbero se il nostro modello fosse il gioco, o il viaggio o l’avventura. Un esempio di quest’uso del lessico della guerra per descrivere l’amore si trova in due romanzi di H. James (1843 – 1916): The Spoils of Pointon e The Bostonians. Descrivere l’amore alla luce della guerra significa mettere in primo piano gli aspetti di conflitto che provoca non solo all’esterno – per esempio nell’ambiente sociale – ma tra i suoi stessi protagonisti, e addirittura all’interno della personalità di ciascuno.