Lo 'Scemo di Guerra', da Maccus a Ubu Bas

di Paolo Rambelli
Testo integrale

Tra le figure maggiormente ricorrenti nella letteratura di guerra un posto di rilievo va certamente riservato a quella che, prendendo spunto dal film di Dino Risi tratto da Il deserto della Libia di Tobino, possiamo chiamare lo “scemo di guerra”.
Di questa figura si possono in realtà individuare almeno tre forme: quella dello scemo che della guerra rimane vittima, quella del suo carnefice e quella di chi scemo si finge unicamente per ribaltare le sorti della guerra o, quanto meno, per contenerne le atrocità.
Partendo quindi dalle prime possibili attestazioni nel mondo latino (con la maschera del Maccus miles), si sono passati in rassegna alcuni esempi di tutti e tre i tipi nelle diverse letterature europee, ovvero:
- La strage degli innocenti da Mistero buffo di Dario Fo, Wozzeck di Alban Berg, e Rocco u Stortu di Francesco Suriano per quel che riguarda lo scemo di guerra vittima;
- Il deserto della Libia di Mario Tobino per quel che riguarda lo scemo di guerra carnefice;
- Il buon soldato Švejk di Jaroslav Hašek, le versioni teatrali che ne hanno dato Bertolt Brecht (con Švejk alla seconda guerra mondiale), Guido Turchi e Gerardo Guerrieri (con l’omonima opera lirica) e Raffaella de Vita (con Il buon soldato Pulcinella Cetrulo), Il soldato molto semplice Ivan Chonkin di Vladimir Nikolaevich Voinovich e La passeggiata da Rostock a Siracusa di Friedrich Christian Delius per quel che riguarda lo scemo di guerra per finta.
La logica conclusione di questa rassegna non poteva che essere il monologo dedicato da Dario Fo al conflitto irakeno, o meglio ad uno dei suoi tragicomici protagonisti, Ubu Bas, maschera più che trasparente del primo ministro italiano.